Non siamo alla fine

C’è qualcosa di non scontato nel fatto che il vangelo di Marco si apra con la parola “Inizio”. Non le corrisponde una conclusione altrettanto netta – “The End” -, come se, a differenza di un film che ha nella sua fine un vero e proprio coronamento, qui si tratti soprattutto di una partenza. “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1). Dichiararlo significa esplicitare la coscienza di una rivoluzione: nel mondo è iniziato a circolare un messaggio, si è aperta un’era, è avvenuto qualcosa. La parola “Fine”, invece, è prematura, una tentazione. A contare, nel vangelo, è il processo positivo che ora investe il lettore, l’energia che da quell’Inizio si sprigiona. Tra notizie di morte e paure globalizzate, l’esperienza cristiana ci insegna, dunque: non siamo alla fine. Evangelizzare, celebrare la fede, addentrarci nel Mistero di Cristo è innestarci su un grande Inizio. C’è qualcosa di nuovo sotto il sole e abbiamo la grazia di parteciparvi.

Raffaello Sanzio; La Madonna di Foligno; tempera grassa su tavola trasportata su tela; 1512 ca; Musei Vaticani; Pinacoteca Vaticana; Inv. 40329

Raffaello Sanzio; La Madonna di Foligno; tempera grassa su tavola trasportata su tela; 1512 ca; Musei Vaticani; Pinacoteca Vaticana; Inv. 40329

Marco lega, però, la potenza di tale inizio al carattere penitenziale della predicazione del Battista, che “proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati” (1,4-5). Al Nuovo si accede volendolo. In particolare, preparargli la via significa confessare delle responsabilità, riconoscersi contagiati da un male vecchio come il mondo: presente, pervasivo. Il nemico non è anzitutto fuori, ma dentro, per cui… tutto potrà ricominciare, se ora ricomincio io. Nel vangelo, Inizio è onestà, rottura, desiderio.

La figura di Giovanni, quindi, viene in primo piano: netta, austera, spoglia di tutto. Autorevole nella sua asprezza. Quanto sarà diverso Gesù! Glielo rimprovereranno: un mangione e un beone, amico di ladri, prostitute, potenti, peccatori. I suoi discepoli parranno ai farisei poco inclini al digiuno, ma il Maestro li appoggerà, insistendo sull’inizio di un nuovo tempo. Tuttavia, “verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno” (2,20). Esistono stagioni, dunque, in cui anche per i cristiani ritorna necessaria la nudità del Battista. Essi conoscono non solo il “già”, ma anche il “non ancora” del Regno di Dio: pieni di speranza, vivono però in epoche che ancora li turbano, in cui il male li contagia, in cui riconoscono di poter perdere Gesù. La Chiesa del nostro tempo è evidentemente chiamata a spogliarsi: riceve da Pietro, inequivocabile, l’invito alla sobrietà, al ravvedimento. La gioia del Vangelo, Evangelii Gaudium, chiede in certi frangenti di essere ritrovata nella sua intensità originaria mediante coraggiose rotture. “Convertitevi!”, sembra dirci la storia. Solo così il Signore viene.

 

don Sergio, II domenica di avvento, 2015

 

 

 

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